
La legislatura del Consiglio Valle iniziata nel 2008 verrà ricordata politicamente per l’allargamento “in corsa” al Polo della Libertà della maggioranza a base autonomista, opzione fortemente voluta da Rollandin (cui tocca infondere più energie del solito per farla digerire agli iscritti unionisti riottosi all’idea di destra, seppur disassata al centro) e andata in porto nell’aprile 2011, dopo una “prova generale” alle comunali aostane dell’anno prima. All’Imperatore però scoppia in mano un altra grana: è l’assottigliamento, ad inizio 2013, dei ranghi consiliari Uv. In tre (oltre al già menzionato Caveri, Andrea Rosset e Laurent Viérin) escono dal gruppo e danno vita all’Union Valdôtaine Progressiste.
Tra i due passaggi non può essere taciuta l’istituzione, nel gennaio 2012, della Commissione speciale per l’esame del fenomeno delle infiltrazioni mafiose in Valle d’Aosta. La guida l’unionista Diego Empereur e i lavori, che passano per varie audizioni e due relazioni al Consiglio regionale, si concludono con una risoluzione discussa in aula a fine dicembre. Contiene la proposta di attivare un tavolo permanente regionale di confronto, per il supporto agli organismi preposti alla tutela dell’ordine pubblico. Un’idea che, a distanza di sette anni, benché oggetto di ulteriori varie sedute tematiche della I Commissione, attende ancora di trovare concretizzazione. Questione di priorità.
2013, galeotto fu il parcheggio
Sul piano giudiziario, l’ultimo anno del mandato consiliare, il 2013, si apre con la sentenza di primo grado del processo “Tempus Venit”, scaturito da un’inchiesta dei Carabinieri del Reparto operativo del Gruppo Aosta su fatti del 2011. L’indagine offre evidenze iniziali della pervasività della ‘ndrangheta nel tessuto socio-economico valdostano, delineando il torbido scontro tra due cellule del crimine organizzato calabrese, la “locale” di San Giorgio Morgeto e la ‘ndrina Facchineri, entrate in rotta di collisione sulla tutela dei rispettivi interessi e proiezioni nell’estremo nord-ovest. Una frizione – alla quale è ricondotto dagli inquirenti l’omicidio di Salvatore Raso (ritenuto ‘ndranghetista dall’“alta dote”) – destinata ad emergere più nitidamente ancora dall’operazione “Altanum” della Dda di Reggio Calabria del luglio 2019, con gli imputati prossimi al processo.
Al centro della vicenda vi è l’allora realizzando parcheggio sotterraneo dell’ospedale “Parini” di Aosta, oggetto di una tentata estorsione ai danni della “Edilsud”, l’impresa di cui è titolare Giuseppe Tropiano, di origini sangiorgesi. Questi – ricevuta la richiesta del “3% su tutto l’affare”, per un milione di euro, attraverso una lettera dall’eloquente passaggio “voi vi fate i vostri guadagni con le vostre amicizie politiche locali e anche noi ci guadagniamo qualche cosina” – anziché denunciare si rivolge alla fazione malavitosa avversaria per ottenere “aiuto”. L’imprenditore, e i suoi fratelli Romeo e Salvatore, finiscono per questo indagati per favoreggiamento: saranno assolti in Appello, grado di giudizio che confermerà l’addebito di natura estorsiva a carico di esponenti dei Facchineri.
Il 26 maggio 2013 porta con sé le elezioni per il rinnovo del Consiglio regionale. L’Union Valdôtaine retrocede a 13 seggi, e il Movimento 5Stelle piazza in aula per la prima volta due consiglieri, ma “Guste” è anche stavolta il più gettonato dai valdostani, malgrado lasci sul terreno quasi 3mila preferenze dall’ultima tornata. Il suo “score” individuale è 10.872, un dato che ne fa il Presidente predestinato del nuovo Esecutivo, anche se il 17 giugno – nel bel mezzo delle trattative per formare il governo – riceve un avviso di garanzia, per l’ipotesi di abuso d’ufficio, culmine di un filone investigativo nato dall’inchiesta sul parcheggio.
Assieme a lui ci sono altri indagati, tra i quali nuovamente il costruttore Tropiano. Lo scenario è tratteggiato dalle motivazioni del verdetto “Tempus Venit” e trova la sua premessa nel fatto che l’impresario calabrese ha “costituito, con altri imprenditori e professionisti valdostani, la Saint-Bernard Srl con sede in Aosta per l’acquisto di un immobile in disuso nei pressi dell’ospedale di Aosta, noto come ex residence Mont Blanc […]”.
“Dopo l’acquisizione dell’immobile da parte della Saint Bernard Srl, – si legge ancora – la Regione Valle d’Aosta ha deciso di acquistare dalla stessa società i costruendi parchegi per la somma di 16 milioni e 900 mila euro; dopo l’accordo con la Regione, il progetto edilizio è stato variato al fine di prevedere, oltre gli alloggi e i box auto di relativa pertinenza, anche un parcheggio multipiano con 510 posti auto. Il vantaggio economico per la Saint Bérnard Srl era considerevole: la concessione aveva un valore complessivo stimabile in circa 4 milioni di euro”.
Secondo le indagini coordinate dal pm Daniela Isaia non è tutto, perché Giuseppe Tropiano si è aggiudicato la costruzione del cunicolo destinato a collegare il corpo di ampliamento dell’ospedale cittadino (ad oggi irrealizzato, in un’area ove sono avvenuti ritrovamenti storici di rilievo) con il parcheggio, per un totale di un milione e 300mila euro, affidata dalla Regione senza gara d’appalto. Ne derivano, per l’imprenditore, le ipotesi di reato di abuso d’ufficio e turbativa d’asta, così come per Paolo Giunti, amministratore unico della “Coup”, la società di scopo creata dall’amministrazione regionale per i lavori sul polo ospedaliero.
Rollandin è nell’inchiesta in relazione all’aver sottoscritto il contratto di acquisto con la Saint-Bernard, ritenuto dagli inquirenti non pienamente conforme a quello approvato dalla Giunta (con l’assenza di una paginetta e una clausola in più), dando corso a differenze che sarebbero andate a tutto vantaggio della ditta venditrice di Tropiano (nella compagine societaria compare pure il professionista valdostano Serafino Pallù, anch’egli sotto inchiesta) e con la Regione a violare quindi – agli occhi della Procura – il “principio di imparzialità e buona amministrazione”.
L’associazione “Libera” di Don Ciotti sollecita il passo indietro al Presidente in pectore, perché “è vero che esiste la presunzione di innocenza fino alla condanna definitiva”, ma “ad un rappresentante delle istituzioni democratiche è chiesto sempre qualcosa di più, poiché deve tutelare e custodire la dignità delle istituzioni”. Il diretto interessato, per parte sua, replica secco alla domanda diretta su cosa intenda fare, postagli durante una conferenza stampa: “Non bisogna chiederlo a me”. Insomma, rimanda la palla ai segretari dei partiti seduti al tavolo delle negoziazioni.
La coalizione autonomista tra Union Valdôtaine e Stella Alpina (che ha perso per strada la “terza gamba” Fédération Autonomiste, rimasta fuori dal Consiglio) si arrocca all’assenza di colpevolezza in quel momento e va avanti. L’impresa appare però ardua sin dalla prima seduta della nuova legislatura, la quattordicesima dal dopoguerra: l’opposizione abbandona l’aula e fa saltare la nomina del Presidente del Consiglio regionale, ruolo per il quale la risicata maggioranza aveva scelto l’unionista Emily Rini (altra protagonista delle “regionali” del prossimo 20-21 settembre, come referente valdostana di Forza Italia).
L’8 luglio, il governo Rollandin V riesce ad incassare dal Consiglio Valle i voti necessari ad insediarsi, ma l’ex sindaco socialista di Aosta Leonardo La Torre, in quel periodo vicecapogruppo in piazza Deffeyes del Leone rampante (che lo aveva candidato come indipendente), tuona di non voler “essere un maggiordomo dell’Uv e di Rollandin”, contrariato dalle nomine nella Giunta e nelle Commissioni. “Guste” si mette lavoro da subito, nello stile che sa essere più apprezzato dai suoi sostenitori, ma quell’attacco è il primo sintomo di una crisi in grado di assumere proporzioni fatali anche per un acrobata della politica navigato come lui. Ne è estremamente consapevole e, oltretutto, non è il suo unico pensiero, perché alla fine del mese il pm Isaia chiede di rinviare a giudizio gli imputati nell’inchiesta “Usque Tandem”, sul park “Parini” (è l’esordio di un filone di denominazioni isipirate dalla “cultura classica” per i militari del Nucleo Investigativo, come dimostrano le successive “Effrenata Audacia”, “Geenna” ed “Egomnia”).
2014, assoluzioni e crisi
Le condizioni di salute della Giunta peggiorano a vista d’occhio e le cronache del Consiglio Valle si popolano in misura crescente dei termini “imboscata” e “franchi tiratori”. L’Esecutivo “va sotto” su provvedimenti chiave e più volte la maggioranza non riesce, da sola, a garantire il numero legale in aula. Il 26 marzo 2014, la goccia che fa traboccare il vaso: una risoluzione a voto segreto che obbligava tutti gli assessori a dimettersi viene approvata dal Consiglio.
Rollandin, sostenendo che un atto d’indirizzo non implichi un vincolo giuridico, tenta di proseguire il cammino, ma La Torre annuncia la presentazione di otto mozioni di sfiducia (una per ogni Assessore), che – firmate anche dall’opposizione – non potranno che essere approvate, mettendo definitivamente al tappeto la Giunta. I componenti del governo rassegnano quindi le loro dimissioni in blocco il 22 aprile. Le Président, decisamente sotto pressione (un malore lo colpisce durante la cerimonia per l’anniversario della Liberazione al cimitero di Aosta, ma lascia l’ospedale dopo il controllo), non li segue e resta al timone dell’Esecutivo per la sola gestione dell’ordinaria amministrazione. Lassù l’ultimo, capitano di un vascello fantasma.
La sua strategia è mantenere le condizioni regolamentari affinché l’Assemblea non veda preclusa l’elezione di un nuovo governo, continuando intanto incessantemente a cercare soluzioni dietro le quinte. Pur di arrivare ad uno sblocco della crisi, il 28 aprile offre al Conseil fédéral (l’organo assembleare dell’Uv) un suo passo indietro. La “toppa” sembra coprire il buco il 7 giugno, quando l’Imperatore chiede la convocazione del Consiglio per votare la nuova Giunta, ancora capitanata da lui e sostenuta solo da 18 consiglieri. L’avvitamento istituzionale della Valle è però appena avviato e il Rollandin VI salpa in un mare che non conoscerà altro che la burrasca.
Intanto, sul finire dell’anno, il processo sulla struttura pluripiano prende il via e l’accusa, nell’udienza del 3 ottobre, chiede una condanna di un anno e sei mesi per Rollandin, un anno e otto mesi per Tropiano, due anni per Pallù e un anno e sei mesi per Giunti. In quella circostanza, “Guste” rende dichiarazioni spontanee spiegando che le differenze tra i documenti sono frutto di un “errore della macchina” (la stampante, ndr.) e che lui non ha “avuto alcun ruolo attivo se non di firmare l’atto che mi è stato dato” dopo un “confronto tra le strutture. Sono sicuro che quello che è stato fatto è in qualche modo conforme” e “non ho mai dubitato” di ciò.
Poco più di un mese dopo, il 24 novembre, dopo circa tre ore di camera di Consiglio, il Gup Giuseppe Colazingari assolve tutti e sette gli imputati, con formule che variano, a seconda delle imputazioni individuali, tra “il fatto non sussiste” o “non costituisce reato”. Come (quasi) sempre all’esito di un processo, l’“empereur” non parla, ma il suo avvocato racconta ai cronisti di un Presidente che “è sempre stato sereno, la totale fiducia nella magistratura è stata ben riposta”. La Procura, allora retta da Marilinda Mineccia (che, all’emergere dell’inchiesta aveva parlato di “indagini complesse” per la “distinzione, non sempre agevole, tra illeciti penali e scelte discrezionali in sede politica-amministrativa”), non condivide e ricorre alla Corte d’Appello di Torino.
Per il pronunciamento di secondo grado bisogna arrivare al 7 giugno 2018, quando le assoluzioni vengono confermate e il legale dell’Imperatore, l’avvocato Giorgio Piazzese, rassicura i valdostani sul fatto che il suo cliente “nell’esercizio delle sue funzioni di Presidente non abbia mai favorito chicchessia ed abbia sempre agito nell’esclusivo interesse del bene della collettività”.
“Per quanto non si possa negare che in senso lato l’introduzione da parte del presidente Rollandin, al momento della stipula dell’atto, di condizioni sicuramente favorevoli alla controparte, procuravano ad essa indubbio vantaggio, – si legge nelle motivazioni della sentenza di secondo grado – non è certo che in tal modo si procurasse alla stessa ‘un ingiusto e rilevante vantaggio patrimoniale’, né in particolare un profitto ‘ingiusto’ sotto il profilo del diritto oggettivo”. Traducendo, per i giudici “Guste” favorì Tropiano, ma senza abusare del suo ufficio.
2015-2016, tensione altissima in piazza Deffeyes
La legislatura continua al ritmo della fibrillazione. Il 2015 e il 2016 portano con loro, ognuno, una “rettifica” della maggioranza, nell’ostinato inseguimento rollandiniano di una stabilità che resta tuttavia utopica. Nella prima, all’Uv e alla Stella Alpina si affianca il Partito Democratico (“correzione di rotta” replicata, in un “link” sempre più stretto tra i palazzi delle piazze Deffeyes e Chanoux, anche alle elezioni per il Municipio di Aosta), mentre la seconda vede aggiungersi alla coalizione governativa l’Union Valdôtaine Progressiste (in cui, tuttavia, essendo “Guste” come la kryptonite, non tutti “tengono botta” sul riavvicinamento a lui, con Caveri ed Elso Gérandin a lasciare per fondare successivamente “Mouv’”).
E’ Laurent Viérin a prendere il posto in Giunta dell’unionista Antonio Fosson, “dimesso” da Rollandin per concedere una poltrona che conta al nuovo partner di governo. Chirurgo e già Senatore, Fosson pochi mesi dopo, accompagnato dal collega Claudio Restano, diviene il protagonista dell’ennesimo abbandono dell’Uv, motivato dalle “divergenze” con “Rolly”. I due fondano il gruppo Pour Notre Vallée, che annuncia comunque di voler restare in maggioranza, “ma con una possibilità di proposta, di dialogo e di incisività ben maggiore rispetto a prima”. La coalizione che esprime la Giunta, a quel punto, conta su 27 consiglieri su 35, ma gli stomaci sono più del cibo: per “Guste” il tempo della pace è sempre più un ricordo sbiadito.
2017, caduta, soldi e frane
Perfino un sito dal taglio istituzionale come quello del Consiglio Valle definisce “rovente” la dialettica politica del periodo. La maggioranza va in “burnout” a fine 2016, sul finanziamento al Casinò di Saint-Vincent (sul quale andrà invece a nozze la Guardia di finanza), e all’inizio del marzo successivo le scintille fanno divampare il rogo dell’ammutinamento all’Imperatore: dimissioni in blocco degli assessori, seguite dalla presentazione di una mozione di sfiducia a Rollandin, sottoscritta anche da parte dei gruppi di maggioranza (Stella Alpina, Uvp e Pnv) e dagli oppositori di Alpe, M5s e Gruppo misto. I violenti mal di pancia verso “Guste” stavolta sono diventati firme su un foglio. È più che una minaccia, non è più un’esercitazione.
Gli animi sono caldi anche perché appena prima, nel giorno di San Valentino, la Corte d’Appello di Torino ha sentenziato, a conclusione del processo “Costi della Politica”, sull’utilizzo improprio dei fondi destinati ai gruppi del Consiglio regionale. Se al Tribunale di Aosta tutti e 27 gli imputati erano stati assolti, il secondo grado rovescia largamente l’esito, con 15 condanne. Quattro consiglieri regionali in carica (Raimondo Donzel e Carmela Fontana del Pd, Leonardo La Torre del gruppo misto e Marco Viérin della Stella Alpina) sono giudicati colpevoli di reati per i quali sono destinati alla sospensione, per effetto della “Severino”.
Il presidente del Consiglio dei Ministri, il dem Paolo Gentiloni, firma i relativi decreti e li spedisce ad Aosta in meno di un mese dalla sentenza. L’arrivo dei provvedimenti a palazzo regionale viene annunciato da “Guste” (che li riceve in ragione delle funzioni prefettizie attribuite al Capo dell’Esecutivo regionale dallo Statuto) in una conferenza stampa di gruppo, alla vigilia del Consiglio convocato per discutere la mozione di sfiducia. Il tuono innescato dalla notizia è la miglior sinfonia alle orecchie dell’Imperatore. Nella sua lettura, le quattro poltrone che rimarranno vuote in poche ore rappresentano il passaporto per la sopravvivenza da Presidente: sommate ai voti residui della maggioranza possono creare un concreto problema ad avviare i lavori dell’Assemblea, per assenza del quorum.
Tant’è che alla seduta pomeridiana del 10 marzo i consiglieri di Uv, Pd ed Edelweiss Popolare Autonomista Valdostano (formato da Mauro Baccega e André Lanièce, fuoriusciti da Stella Alpina) non sono presenti e in aula siedono soltanto 17 componenti dell’Assemblea. Il presidente del Consiglio Andrea Rosset apre la seduta comunque. Si dice confortato da due pareri legali, per cui il quorum va calcolato su 31 componenti, non su 35 (visti i 4 sospesi), e quindi c’è. E’ evidente cosa stia per accadere e “Rolly” indice una conferenza stampa in tempo reale, in cui tuona che tutti gli atti di quella sessione consiliare verranno impugnati dinanzi al Tribunale Amministrativo Regionale.
Sarà il suo “canto del cigno” da Presidente. In carica dal 2008, viene sfiduciato nel corso del pomeriggio, subito dopo la sostituzione dei sospesi. È la sua seconda caduta dopo una lunga parentesi al secondo piano di palazzo regionale (la prima durò dal 1984 al 1990). Per la cronaca, il Tar negherà la sospensiva sulla nomina della nuova Giunta, che ha in Pierluigi Marquis (Stella Alpina) il successore di “Guste”, e il ricorso (presentato formalmente dal consigliere unionista Ego Perron) sarà quindi ritirato in luglio, prima della sua trattazione, nell’eterno (vano) tentativo di lenire le tensioni politiche.
Il colpo è più devastante che mai, ma sull’arte dell’incassare il veterinario di Brusson non prende ripetizioni, tornando alla vita da consigliere “semplice”. Sono le 22.15 del 22 giugno 2017 quando, nell’ufficio del Presidente della Regione, accorre la dirigente della Digos della Questura di Aosta. In mattinata – riferisce l’allora segretario particolare di Marquis, Donatello Trevisan – durante il trasloco della scrivania presidenziale, nell’ultimo cassetto sono spuntati una busta con 25mila euro (in banconote da 500 euro), una carta di credito scaduta intestata a Rollandin, una foto che lo raffigura insieme ad altre tre persone e alcuni fogli dattiloscritti. Ad avvisare il Questore è il Presidente in serata, appresa la notizia di rientro da Roma, dove quel giorno si era recato per motivi istituzionali.
La Procura – diretta in quei mesi dal magistrato torinese Giancarlo Avenati Bassi (dopo il “terremoto” dell’arresto del procuratore capo facente funzione Pasquale Longarini, il 30 gennaio 2017) – scarta ben presto l’ipotesi corruttiva a carico di Rollandin. “Non sussistono elementi fattuali e logici che possano comunque ricondurre” a lui – scrive il pm Luca Ceccanti nelle carte – “l’eventuale possesso della somma di denaro”. Le banconote sono stampate tra il 2001 e il 2007 ed immesse in circolazione da istituti bancari tedeschi, quindi prima dell’insediamento dell’Imperatore. Inoltre, per gli inquirenti è poco credibile che “un amministratore pubblico, una volta ricevuta una somma di denaro per causali illecite la dimentichi all’interno della propria scrivania”.
Le indagini virano sull’ipotesi di un “pacchetto preconfezionato” ai danni di “Rolly”, con i soldi messi nell’ufficio successivamente alla sua presidenza. Alla chiusura dell’inchiesta, nell’ottobre 2018, il pm contesta la calunnia a Trevisan (si sarebbe procurato lui il denaro, portandolo a palazzo e simulando il ritrovamento casuale) e all’ex consigliere Marco Viérin di aver reso “dichiarazioni mendaci”, per aver taciuto – sentito come testimone – su una telefonata tra lui e il segretario particolare. Dopo aver parlato di “sfregio alla comunità valdostana” all’indomani dei fatti, Marquis, inizialmente indagato per concorso in calunnia, esce di scena con richiesta di archiviazione (accompagnata però dall’annotazione del pm sull’“anomalia” della sua condotta).
“Guste”, che aveva rotto il silenzio al riguardo esclusivamente in Consiglio, per dire di non sapere nulla su origine e destinazione della somma, accoglie l’esito delle investigazioni con sollievo. “È stato per me un periodo difficilissimo, – dichiara – perché questo episodio poteva fare immaginare cose bruttissime e, a parte dire che non c’entravo nulla, non potevo dire altro”. Per l’Imperatore, “questo non è fare politica, è una caduta sotto tutti i profili che avrà delle conseguenze e sono molto dispiaciuto del danno che questo farà all’immagine della Valle d’Aosta”. L’accaduto non manca però di assumere rapidamente le tinte che ne fanno ancora oggi una delle pagine più inquietanti della storia valdostana recente.
Nella serata del sabato che segue le notizie sull’inchiesta, il 6 ottobre 2018, il fienile dell’azienda agricola di proprietà di Viérin, a Pollein, in cui sono stipate centinaia di rotoballe, viene attaccato da un rogo che impegna i Vigili del fuoco per tutta la notte e parte del mattino successivo. La ricerca delle cause (nessuno scenario è escluso a priori, nemmeno quello doloso) risulterà vana: l’ispezione dopo lo spegnimento restituisce che “le evidenze in grado di ricondurre alle cause del rogo sono state distrutte dalle fiamme”.
Altre due settimane e, il 20 ottobre, rincasato da una veglia di preghiera nella chiesa di Saint-Martin-de-Corléans ad Aosta, Donatello Trevisan muore a 44 anni colpito da un malore, senza che la sua versione dei fatti sia mai emersa pubblicamente. Viérin, invece, si presenta in Procura alcuni giorni dopo il funerale e ritratta, riconducendo l’omissione sulla telefonata ad uno stato confusionale, circostanza che determina l’obbligo per il pm di richiedere l’estinzione del reato ipotizzato. L’accusa nei suoi confronti pertanto cade, lasciando la vicenda, ad oggi, irrisolta.
Sul cielo di “Rolly” si sono però addensate, nel mentre, altre nubi con la giustizia. Gli rovesciano addosso due vicende del passato, da lui gestite nei panni di Presidente della Giunta, entrambe legate a fenomeni naturali. Una riguarda il vallo da 750 metri realizzato in via d’urgenza nel 2014 a Courmayeur per proteggere i villaggi di La Palud ed Entrèves da una frana sul monte La Saxe. Nell’agosto 2017, con la notifica della richiesta di proroga delle indagini affidate al pm Carlo Introvigne, si scopre che l’ipotesi a carico di Rollandin è il concorso in truffa nei confronti del governo italiano.
L’addebito è legato ai fondi del Dipartimento nazionale della Protezione civile – circa 8 milioni di euro – ottenuti dalla Regione per l’emergenza. Nella tesi inquirente iniziale, l’allora Capo dell’Esecutivo e due dirigenti avrebbero prefigurato falsamente allo Stato, per indurlo ad erogare i fondi, “un’irreale situazione di pericolo emergenziale”, con “necessità urgente e ‘vitale’” di realizzare “un vallo ciclopico”. I movimenti franosi, secondo gli inquirenti, sarebbero stati “enormemente sovrastimati” e lo smottamento della montagna non più di un “evento fronteggiabile in via ordinaria” dall’amministrazione regionale.
Sarà però la stessa Procura, qualche tempo dopo (lo si apprenderà nel maggio 2018), a chiedere l’archiviazione delle tre posizioni. Un nuovo procedimento, per il reato di malversazione, prende il via solo per i due manager, chiamando fuori dalla vicenda “Guste”, cui resta però da fare i conti, nell’altra inchiesta del periodo a coinvolgerlo, con le accuse di concorso in lesioni colpose e disastro colposo. Affondano le radici nell’incidente che, il 16 marzo 2011, rese gravemente invalido l’ingegnere di Valsavarenche Michel Chabod, 41 anni.
Quel mattino, la Fiat Sedici su cui l’uomo stava percorrendo la strada comunale tra Villeneuve ed Aymavilles per andare al lavoro venne colpita da un enorme masso staccatosi da un terreno a monte, intrappolando il conducente e cagionandogli le importanti lesioni. Stando alle indagini condotte (dall’iter a dir poco tortuoso, viste le ben tre richieste di archiviazione, sempre andate incontro ad opposizioni, risultate infine nell’inizio del processo), Rollandin – presiedendo la Giunta che approvò il progetto dei lavori di ammodernamento dell’arteria stradale, anni prima – avrebbe dovuto richiedere “un’integrazione della relazione tecnica relativa all’analisi geologica e di stabilità della scarpata”.
A giudizio, l’ipotesi di lesioni viene meno (per effetto di un accordo perfezionato dalle parti, a partire dall’esito di una causa civile avviata dai familiari di Chabod) e, quanto al disastro colposo, il 28 giugno 2019 il giudice monocratico Marco Tornatore assolve tutti gli imputati “perché il fatto non costituisce reato”. Assieme a Rollandin (per il quale il pm Eugenia Menichetti aveva chiesto otto mesi di carcere) erano alla sbarra altre cinque persone, tra le quali il progettista dell’intervento, un ex dirigente e il Sindaco di Villeneuve all’epoca. Il magistrato, lo si capirà dalle motivazioni del verdetto, ha valutato il crollo come un accadimento non prevedibile.
Guardandolo alla fine del 2017, l’Imperatore politicamente appare rinfrancato, per la caduta della Giunta Marquis in ottobre, seguita dal rientro nella “stanza dei bottoni” dell’Union Valdôtaine. La sua strada, però, non è in discesa. Oltre a non rivestire cariche nel nuovo Esecutivo presieduto dall’Uvp Laurent Viérin, in novembre perde uno dei componenti del gruppo unionista considerati a lui più vicini, Ego Perron. L’allora Assessore alle finanze viene sospeso dall’Assemblea a causa della condanna a tre anni di carcere, per induzione indebita a dare o promettere utilità, nel processo sul trasferimento della filiale di Fénis della Banca di Credito Cooperativo Valdostana (la pena sarà ridotta a un anno e otto mesi in Appello). Per la Valle d’Aosta, un “antipasto” di un 2018 paragonabile al 1992 di “Mani pulite”. Per “Guste”, l’inconsapevole avvicinarsi ad un vortice giudiziario.
(2 – Continua)
Link alla parte precedente (1992-2008).
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