
Quindi, alla luce del ragionamento di ieri mattina sulle misure cautelari (sviluppato pochi giorni fa in questo post), quali elementi hanno condotto i giudici del Riesame a sostituire, nei confronti di Marco Sorbara, politico arrestato nell’operazione Geenna su presunte infiltrazioni di ‘ndrangheta in Valle d’Aosta, il carcere con gli arresti domiciliari?
La risposta è nel pezzo scritto per Aostasera.it, ma la decisione può essere sintetizzata così: il rischio di inquinamento delle prove è minimizzato dall’indagine alle ultime battute, quello di fuga non è stato sollevato dalla Procura, mentre su quello di ripetizione del reato – malgrado l’immutata valutazione di pericolosità sociale dell’indagato – i sette mesi ed un giorno trascorsi in cella dal consigliere regionale sospeso (incensurato e senza trascorsi carcerari) influiscono rappresentando un considerevole deterrente, tale da rendere compatibile alla situazione la detenzione domiciliare (non si può uscire e non si possono incontrare altre persone, oltre a quelle che vivono nell’abitazione).
Tutto questo – lo ripeto ancora una volta, anzitutto a me stesso – esclusivamente sul piano della limitazione, al momento, della libertà personale dell’indagato, rispetto alle esigenze connesse all’inchiesta. Se Marco Sorbara sia colpevole, o meno, di concorso esterno in associazione di stampo mafioso sarà un processo, che potrà svilupparsi su tre gradi di giudizio, a doverlo stabilire.