Tra traffico di esseri umani e concorsi taroccati

La pagina di cronaca, questa settimana, è stata ampia. Oltre all’inchiesta “Do Ut Des”, che continua (comprensibilmente) a tenere banco, mi sono occupato di due fatti che mi hanno colpito parecchio (sono restio a rivelare stati d’animo, ma oggi farò un’eccezione).

Il primo è l’Operazione “Passeur” della Guardia di finanza di Lodi, in cui sono finiti in manette dieci “trasportatori” di immigrati irregolari, attivi verso la Francia passando per il Tunnel del Monte Bianco (dove la Questura della Valle d’Aosta ne aveva anche arrestati alcuni, a volte). La DDA di Milano, sulla base di un monumentale compendio investigativo, li accusa di aver ordito un’associazione a delinquere dedita a tale attività (ne potete leggere qui).

Capisco (ma non giustifico) che il clima sociale del Paese porti a sentimenti per cui, nella visione ormai comune, “perché fermarli, finché li portano via dall’Italia va bene”, ma il traffico di esseri umani è lo specchio della miseria della nostra civiltà, dimentica della sua storia e incapace di imparare dagli errori. Nessuno, e sottolineo nessuno, possiede la superiorità per arrogarsi di annientare la personalità ed i diritti altrui, speculando sulle ambizioni e le speranze (legittime) di coloro che, già praticamente nullatenenti, pagano il prezzo di equilibri mondiali in cui etica e solidarietà non sono esattamente i valori anteposti dall’occidente.

L’altra notizia su cui ho riflettuto a lungo è stato l’emergere, a seguito di una decisione del Tribunale del Riesame di Torino, degli elementi – riassunti nel pezzo che trovate sotto – per cui la Procura di Aosta ritiene essere stato “taroccato” un concorso per l’assunzione di ginecologi all’Usl della Valle d’Aosta (ed ha indagato sei medici: due esaminatori e i quattro concorrenti che sarebbero stati favoriti). Al solito, niente giudizi preventivi (c’è un procedimento in corso e sarà questo a dire della colpevolezza, o meno, degli implicati), né nel merito delle competenze professionali dei coinvolti, ma una considerazione complessiva fatico a trattenerla.

Il lavoro è la dimensione, per eccellenza, in cui l’essere umano si esprime, oltre ad attenere direttamente alla sua dignità (perché gli permette di sostentarsi). Se, in Valle, l’accesso al mercato dell’impiego pubblico presenta problemi di presunto “inquinamento” non sporadici (ricordo essere stati aperti, negli scorsi mesi, altri due fascicoli, entrambi su concorsi regionali, uno per geometri, l’altro per dirigenti), allora interrogarsi seriamente sul nostro modello sociale non è rinviabile.

La mercificazione di un ufficio pubblico finisce con l’annientare la dignità di chi rifiuta, per la sua vita, “la strada più breve”, soffocando ogni merito. E se gli episodi in cui ciò viene rilevato da uffici inquirenti non appaiono infrequenti, il problema dovrebbe porselo anzitutto la classe dirigente, perché ha (anche) a che vedere con un modello di Autonomia malato d’introversione, in cui i “controllori di se stessi” sono troppi. Capisco che in questi giorni possano esserci altri grattacapi, tuttavia il problema non è fare 18 in Consiglio Valle, ma garantire un futuro a una comunità. Anche se l’assordante silenzio di quest’ultima, a volte, fa pensare che le vada bene farselo sottrarre.

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