
Chiusa l’inchiesta sui bilanci 2012-15 della Casa da gioco, e sui finanziamenti regionali che ne sono derivati, il pm Eugenia Menichetti (nella foto) ha chiesto oggi il processo, depositando le richieste di rinvio a giudizio per gli otto coinvolti nelle indagini.
Ho riassunto qui, nel pezzo per Aostasera.it, le contestazioni mosse agli allora vertici della casa da gioco e a diversi politici (ex assessori regionali alle finanze). Di norma, queste vicende fanno parlare, nell’immediato, per i nomi degli implicati. E’ un elemento indiscutibile, giacché si tratta di figure di rilievo sullo scacchiere politico regionale e il Casinò è una partecipata dell’entità che ogni valdostano ha presente.
C’è anche un aspetto, però, sul quale si riflette poco, ma che dovrebbe essere valutato di più dalla comunità. Premesso che questa è la tesi dell’accusa, che il procedimento deve ancora instradarsi (il Gup non ha ancora fissato la data dell’udienza preliminare) e che vige la presunzione di innocenza fino al terzo grado di giudizio, bisogna riuscire ad andare oltre la “tifoseria”.
A processo non c’è l'”imputato X”, più o meno noto e potente, in quanto tale. C’è per una contestazione legata all’uso di soldi pubblici, quindi della collettività, che, in quanto risorsa finita, se vengono utilizzati per un intervento, non finanziano altri servizi e prestazioni. E se quell’intervento si rivelasse non essere avvenuto secondo i dettami delle leggi (e questo sarà il processo a stabilirlo), allora dei mancati servizi e prestazioni avrà sofferto l’intera comunità. Questo, per come la vedo io, è il punto.